02 mar Il “nuovo” concordato alla luce delle recenti modifiche
Come è noto, il D.L. 83/2015 ha modificato numerose norme di diritto delle esecuzioni e fallimentare (tra le altre, abbiamo già trattato dell’introduzione dell’articolo 2929 bis nel Codice Civile).
Abbiamo, altresì, già visto quali sono le peculiarità legate alla postergazione della presentazione del piano rispetto a quella della domanda di concordato, che danno vita al c.d. “concordato in bianco“.
Appare quindi opportuno concentrarci brevemente sulle altre caratteristiche della disciplina concordataria, modificate recentemente dal Decreto in parola, alla continua ricerca di una efficienza che purtroppo non sempre è riscontrabile nella pratica.
In primis, è stato modificato l’art. 160 Legge Fallimentare, aggiungendo un quarto comma il quale prevede che la proposta di concordato (la quale, come è noto, può ormai da tempo prevedere una divisione dei creditori per classi), debba assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari e cioè, sostanzialmente, di quelli collocati più in basso nella scala gerarchica. La giurisprudenza, in merito, ha stabilito che la disposizione in parola ha natura di norma generale applicabile ad ogni tipo di concordato, fatta eccezione di quello con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis legge fallimentare; la ratio, fin troppo chiara, è quella di evitare la presentazione di proposte spesso “indecenti” che i creditori non privilegiati si trovavano a dover approvare, anche se ne rimangono controverse applicazione e applicabilità (trattandosi di negozio liberamente contratto, è possibile derogarvi col consenso unanime, e cosa fare nel caso in cui, obiettivamente, le risorse economiche e gli asset siano incapienti rispetto a questa soglia?).
Sulla stessa scorta, anche il successivo art. 161 ha subito un restyling, con la nuova previsione di cui al comma II lett. e) secondo la quale il debitore che propone il concordato deve indicare le utilità che si obbliga ad assicurare a ciascun creditore; ed è inutile aggiungere che anche qui si sono sollevati numerosi problemi, portati soprattutto dal fatto che l’utilizzo dei termini “obbliga” e “assicurare” ha fatto pensare che, in caso poi di mancata realizzazione di quanto “promesso”, il concordato potesse fin troppo facilmente andare incontro a domande di risoluzione, con ciò vanificando mesi di sforzi e producendo più danni che benefici.
A tal proposito, la prima e ancora recente giurisprudenza ha indicato un’interpretazione nel senso per cui l’oggetto dell’obbligazione non si risolve, salvo espressa indicazione in tal senso, in una individuata percentuale del credito, bensì nell’utilità assicurata ai creditori che in un concordato con cessione dei beni sarà costituita dai beni messi a disposizione, posto che una cosa è l’utilità ceduta, altra cosa è la misura della soddisfazione da essa ottenibile, rispetto alla quale, in assenza di espressa obbligazione in tal senso, non vi è impegno da parte del debitore.
Si è poi fatto largo ricorso al c.d. “Principio di Competitività“, tramite l’introduzione del concetto di proposta concorrente e offerte concorrenti di cui agli artt. 163 e 163 bis, coordinati a loro volta con l’art. 165.
Sul punto, va concessa una piccola digressione.
Prassi diffusa era infatti quella per la quale il debitore insolvente decideva di “cedere” la propria azienda (o un ramo della stessa o un cespite significativo), ancora appetibile, ad un soggetto da lui prescelto (non sempre terzo ma spesso a lui “vicino” o addirittura costituito ad hoc), il quale formulava un’offerta di acquisto ovvero stipulava un contratto preliminare avente ad oggetto il trasferimento del bene. L’accordo veniva poi trasfuso nel piano concordatario e sottoposto all’approvazione dei creditori, con conseguente aggiramento delle procedure competitive attraverso le quali il cespite si sarebbe dovuto vendere all’esito dell’omologazione (spuntandosi verosimilmente un prezzo maggiore); ma anche con la certezza, per i creditori, di avere un acquirente disposto a versare una somma, certificata come congrua dall’attestatore.
Le modfiche previste dovrebbero consentire al Tribunale di mitigare o quanto meno mettere alla prova la reale adeguatezza della proposta come sopra pervenuta, disponendo la ricerca di interessati all’acquisto e l’apertura di un procedimento competitivo con relativa analisi delle proposte pervenute ex art .172 e votazione delle medesime ex art. 177.
Il nuovo art. 169 bis riprende, per quanto riguarda la locazione finanziaria, quanto disposto dall’art 72 quater già trattato in altra sede.
Infine, l’art. 182 quinques consente la prededuzione di finanziamenti autorizzati e ricevuti in corso di omologa, mentre l’art. 182 septies prende atto di una realtà molto spesso diffusa, e cioè che i creditori sono sovente costituiti, se non per numero almeno per importi a credito, da Banche ed Istituti Finanziari, integrando in questi casi la disciplina prevista.
Avv. Domenico Balestra