Quanto è “garantita” la Vostra cassetta di sicurezza?

22 set Quanto è “garantita” la Vostra cassetta di sicurezza?

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Il Codice Civile agli articoli 1839-1841 inserisce, tra i contratti bancari tipici, quello delle cassette di sicurezza, ed il TUB a sua volta amplia la possibilità di offrire tale servizio anche ad altri intermediari finanziari.

Il patto contiene sia elementi della locazione (pagamento di un corrispettivo verso godimento di una cosa), sia del deposito (obbligo alla conservazione e custodia) con la particolarità, però, che il contratto non prevede la consegna materiale alla Banca (la quale infatti ignora il contenuto della cassetta, che potrebbe per assurdo anche essere vuota).

Obbligo dell’utente come sancito dalle Norme Bancarie Uniformi (NBU), oltre all’ovvio pagamento del canone (in caso di inadempimento, l’art. 1841 fissa le regole del procedimento di apertura forzata) risulta essere quello di  non inserire in cassetta oggetti che possano arrecare pericolo o disturbo.

Parallelamente, la Banca deve garantire la possibilità di accesso al cliente negli orari di apertura al pubblico, fornire uno spazio idoneo  alla custodia qualificata degli oggetti e custodire i locali con mezzi e risorse adeguate alla finalità del servizio.

Ma che cosa succede se gli oggetti inseriti in cassetta vengono persi, rubati o danneggiati?

La legge stabilisce la responsabilità dell’istituto a titolo “quasi” oggettivo, con la sola esclusione del caso fortuito; la Banca, per andare esente dall’obbligo di risarcimento, dovrà quindi dimostrare che la prestazione, nel caso specifico, era impossibile, essendo l’evento non solo impossibile da prevedere, ma altresì di natura tale da non poter essere impedito.

Ne deriva che una delle più comuni cause di perdita, ovverosia il furto, rientra quasi sempre tra le responsabilità della Banca, essendo molto difficile per la medesima dimostrare il caso fortuito.

Anche la rapina è spesso coperta, salvo l’applicazione di una violenza “irresistibile” (i soliti e tristi casi di rapine a mezzo taglierini et similia non possono di solito quindi essere ragionevolmente ritenuti eccezionali, essendo le lame facilmente procurabili).

Per quanto concerne i fatti naturali, terremoti e alluvioni possono essere considerati “fortuiti” con riferimento alla particolare zona dell’evento (classificazione sismica e presenza di corsi d’acqua) e sempre valutando l’eventuale concorso colposo della Banca.

Infine, per gli eventi socio-politici, per aversi fortuito è solitamente necessario essere in presenza di situazioni macroscopiche (ad esempio alcuni saccheggi avvenuti  nel corso dell’ultimo conflitto mondiale sono stati ovviamente ritenuti non di responsabilità dei singoli istituti).

E cosa accade se viene riconosciuta la responsabilità della Banca?

Il cliente dovrà, innanzi tutto, assolvere all’onere di provare cosa era contenuto nella cassetta, con la possibilità di utilizzare ogni metodo probatorio, incluse le testimonianze.

Vi è poi la questione di eventuali limiti alla somma risarcibile. Le NBU risalenti all’immediato dopoguerra, infatti, prevedevano soglie fisse che potevano essere oggetto di singole contrattazioni al rialzo da parte del cliente; mentre successivamente si è fatto ricorso ad un diverso meccanismo, impegnando il cliente a non immettere in cassetta beni per valori superiori a quelli contrattualmente previsti. In ogni caso, tali limitazioni sono state escluse dalla Cassazione.

Oggi, i contratti prevedono quindi che la Banca sia responsabile dell’intero corrispettivo della cassetta, ma parallelamente al cliente è richiesto di indicare in contratto l’indicativo valore del contenuto medesimo, per esigenze di idonea determinazione del canone e copertura assicurativa della Banca. Di conseguenza, a fronte di un risarcimento per la perdita superiore a quanto preventivamente indicato, l’istituto potrebbe a sua volta fare causa al cliente, chiedendo il risarcimento del danno causato con informazioni scorrette.

Va segnalato, in ogni caso, che tali clausole, con riferimento ai contratti conclusi con un soggetto definito come consumatore, potrebbero qualificarsi come vessatorie ex art. 33 Codice del Consumo e quindi essere ritenute nulle (qui approfondiamo la differenza tra consumatore e professionista).

 Avv. Domenico Balestra