Consumatore o Professionista?

08 ott Consumatore o Professionista?

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Una delle operazioni preliminari più importanti da eseguire nello studio di un contratto è quella, all’apparenza molto semplice, di capire da chi è stato sottoscritto.

Oggi, difatti, l’articolata disciplina della tutela del consumatore, trasfusa integralmente da qualche anno nel cd. “Codice del consumo” e sapientemente e tenacemente difesa dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (anche detta, per brevità, AGCM o Antitrust), coadiuvata anche dalle numerose integrazioni a livello di diritto europeo, fa si che, in sostanza, le “vecchie” norme del codice civile siano state completamente superate (ovviamente solo nei contratti B2C, business to consumer, ovvero tra professionista e consumatore), dando vita a due discipline completamente diverse: una “nuova” dettata appunto da tali norme quando parte contraente è un consumatore, ed una “tradizionale” ricavata dal codice civile e relativa alle altre tipologie di rapporti contrattuali.

Diventa quindi essenziale per gli operatori del diritto ma anche e soprattutto per il cliente capire in quale filone vada catalogato il proprio contratto.

A tal fine viene in soccorso l’articolo 3 del Codice del Consumo, il quale testualmente recita:

Ai fini del presente codice ove non diversamente previsto, si intende per:
a) consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta;

c)professionista: la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario;”

Pertanto, lo stesso soggetto (e.g., tanto per non andare molto lontani, un Avvocato) potrà, a seconda dei casi, essere sia un consumatore (quando si reca ad acquistare un computer destinato alla propria abitazione, magari per il gioco dei figli) sia un professionista (quando acquista il medesimo computer, ma lo porta in ufficio ad uso professionale). Assume pertanto valore il cd. criterio funzionale, ovverosia dello scopo per la quale il bene o il servizio sono acquistati.

Senonché, la definizione, seppur all’apparenza chiara, porta con sé alcune problematiche:

  1. la definizione di “persona fisica” sembra escludere tout court non solo le società ma anche enti, fondazioni e associazioni dal novero dei consumatori;
  2. non chiarisce quale disciplina vada applicata ai cd. “contratti promiscui”, stipulati da un soggetto che utilizza il bene o servizio oggetto del contratto medesimo sia per attività professionali che per usi privati.

 

Sul primo punto, al momento non si vedono aperture particolari, seppur alcune categorie di soggetti siano state ammesse nella tanto agognata categoria (come ad es. l’amministratore di condominio, che pure essendo un professionista o una società, agisce in rappresentanza dei condomini e pertanto va qualificato come “consumatore”).

Sul secondo, dopo varie oscillazioni, pare che la giurisprudenza, soprattutto europea, sia orientata all’esclusione della disciplina di tutela del consumatore per il caso di contratti promiscui.

Avv. Domenico Balestra