10 nov Il marchio: registrato o no? E’ perché il MISE può rifiutarne la registrazione?
E’ ultimamente assurto alle cronache un curioso caso, concernente il marchio e la relativa tutela, legato ad un noto cantante italiano molto in voga tra i più giovani; sembra quindi opportuna l’occasione per una breve digressione tecnica sul tema, di modo che ognuno possa farsi, a ragion veduta, una propria idea su questa e altre situazioni.
Il marchio è tradizionalmente un segno di primaria importanza, dal momento che distingue i prodotti o i servizi di una impresa, ed è regolato dal legislatore italiano sia nel Codice Civile (artt. 2569-2574) che nel D.Lgs. 30/2005 (Codice della proprietà industriale), mentre per quanto concerne il marchio comunitario va seguito il regolamento CE 207/2009 (il quale nelle sue precedenti versioni aveva già a sua volta plasmato le norme speciali italiane che quindi sono sostanzialmente allineate).
A testimonianza, poi, del valore internazionale dell’argomento in parola, due Convenzioni disciplinano l’uso mondiale del marchio (ovviamente per quanto concerne gli Stati aderenti): Parigi 1883 e Madrid 1891.
Ma quali requisiti deve avere un marchio per poter essere tutelato giuridicamente?
- Liceità e cioè non contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, ritratti o pseudonimi altrui senza specifica autorizzazione dell’interessato;
- Verità ovverosia non deve avere segni idonei ad ingannare il pubblico;
- Originalità e cioè deve essere composto in modo da essere individuabile e distinguibile tra la massa;
- Novità e quindi diverso da altri esistenti, oppure simile ma utilizzato in un ambito totalmente diverso da quello solito (a ciò fanno eccezione marchi così conosciuti da essere immediatamente riconducibili anche a prodotti del tutto diversi dal loro target usuale).
Venendo quindi al più specifico tema del nostro articolo, una volta che il marchio, rientrante nei requisiti di cui sopra, viene registrato (presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi – MISE) il titolare del medesimo ha il diritto all’uso esclusivo dello stesso su tutto il territorio nazionale, indipendentemente dall’ampiezza della diffusione territoriale dei suoi prodotti.
Il problema può nascere quindi quando il marchio non rispetti (o sembri non rispettare) i requisiti di cui sopra; il MISE, infatti, dopo un vaglio formale e tecnico, pubblica nell’apposito bollettino la domanda, a disposizione per le opportune valutazioni pubbliche.
Inoltre, come specificato al punto 4 di cui sopra, di regola lo stesso marchio può essere utilizzato per prodotti così diversi da non essere confondibili, salvo il caso di marchi talmente celebri da essere immediatamente distinguibili indipendentemente dal prodotto (cd. “criterio dell’affinità merceologica” e relative eccezioni). Eccezione all’eccezione, se così si può dire, è il caso di marchio talmente conosciuto da essere decaduto a termine di mero utilizzo corrente per indicare non più il prodotto specifico, bensì il prodotto in generale (si pensi al termine “Biro” per indicare ogni comune penna a sfera); in questo caso, il marchio non è più, di fatto, tutelabile, e il legislatore ne ha preso atto.
Inutile dire che l’annotazione nazionale è presupposto per la tutela civile e penale del medesimo e per la registrazione in ambito mondiale, attraverso la registrazione presso l’OMPI di Ginevra, mentre non è, sul presupposto del mercato unico europeo, condizione per la registrazione in ambito UE (il cui ufficio addetto si trova in Spagna).
Molto meno tutelato è invece ovviamente il marchio non registrato, il quale può essere utilizzato, anche dopo la registrazione da altri eventualmente effettuata, dal precedente fruitore, “nei limiti in cui anteriormente se ne è avvalso” (cd. “pre-uso” di cui all’art. 2571 c.c.). Pertanto, rispetto a quanto prima indicato, un marchio (non registrato) a diffusione locale, non potrà essere tutelato contro l’utilizzo in altre zone territoriali.
Avv. Domenico Balestra