23 gen Il Collegio Sindacale
Il Collegio Sindacale, disciplinato dal Codice Civile, è l’organo di controllo la cui azione è volta alla verifica del rispetto sia della legge e dell’atto costitutivo sia dei principi di corretta amministrazione, ex articolo 2403 c.c.
Tale norma introduce, in realtà, una regola di carattere generale, che coinvolge non solo l’organo di controllo ora in esame, ma anche quello di amministrazione.
Per vigilare sull’adeguatezza degli assetti, i sindaci hanno la possibilità di usare tre tipi di strumenti:
- informativi, riguardanti l’obbligo di partecipare alle assemblee, alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, il flusso informativo periodico proveniente dagli organi delegati ex articolo 2381, 5° comma, c.c., l’obbligo di scambio di informazioni tra il collegio sindacale ed i soggetti incaricati del controllo contabile previsto dall’articolo 2409 septies c.c.;
- istruttori, costituiti dal potere discrezionale ed autonomo di chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni societarie o su determinati affari, sancito dall’articolo 2403 bis, 2° comma, c.c., mentre il 1° comma del medesimo articolo permette di compiere atti di ispezione e controllo in qualsiasi momento e anche senza la collaborazione degli amministratori;
- reattivi, ovvero gli strumenti sanzionatori previsti dal Codice Civile, come l’articolo 2408 c.c. che prevede il ruolo del collegio di raccogliere le denunce dei soci. Vi è da ritenere che le omissioni concernenti gli assetti possano costituire fatti di gravità tale da legittimare la convocazione dell’assemblea da parte dell’organo in esame, ai sensi del nuovo articolo 2406, 2°comma, c.c., e dell’articolo 2409, che attribuisce al collegio la facoltà di denunciare al tribunale le gravi irregolarità poste in essere dagli amministratori, idonee a recare danno alla società.
Nel caso in cui, infine, i sindaci abbiano omesso di vigilare sugli assetti, è ipotizzabile la loro revoca per giusta causa in base al disposto dell’articolo 2400, 2° comma, c.c.
Inoltre, per le società quotate ed “assimilate” trova specifica disciplina il Testo Unico in materia Finanziaria (TUF); in particolare, l’articolo 149 attribuisce al collegio lo specifico compito di vigilare:
- sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società;
- sull’adeguatezza delle disposizioni impartite dalla società alle controllate ai sensi dell’art. 114, c. 2°, TUF.
Per quanto riguarda, nello specifico, la lettera b del 1°comma, concernente il rispetto dei principi di corretta amministrazione, il dovere di vigilanza si sostanzia nel verificare la conformità delle scelte di gestione ai generali criteri di razionalità economica posti dalla scienza economica aziendale, senza mai sindacare sull’opportunità gestionale della scelta.
In pratica, il collegio dovrà vigilare affinché le scelte gestionali siano improntate al principio di ragionevolezza e diligenza, con la tempestiva assunzione da parte degli amministratori delle informazioni necessarie in relazione alla decisione da prendere: solo in tal caso potrà essere applicata la cosiddetta business judgement rule, che ha l’effetto di rafforzare l’assoluta discrezionalità dei directors nell’adozione delle decisioni relative al governo societario.
La business judgement rule implica infatti, nella sua formulazione più nota, “la presunzione che nell’intraprendere decisioni commerciali, l’amministratore abbia agito su opportune basi informative, in buona fede e nell’onesto convincimento di decidere nel miglior interesse della società”; in questo caso, il giudice non dovrà entrare nel merito delle singole scelte amministrative in quanto fortemente connotate dal carattere della discrezionalità.
Avv. Domenico Balestra