Anatocismo, corsi e ricorsi

28 ott Anatocismo, corsi e ricorsi

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Chiunque di noi si occupi di diritto bancario o sia abbonato a riviste o newsletter sul mondo del diritto finanziario, legge o comunque scorre, in media, quattro/cinque articoli alla settimana sul tema dell’anatocismo, vero e proprio protagonista (forse oggi in declino?) di anni e anni di contenzioso bancario.

Ma qual è la storia, più o meno recente, dell’anatocismo?

Sostanzialmente fino ancora agli anni’90 l’anatocismo viene considerata pratica lecita, sulla scorta dell’articolo 1283 c.c.,  il quale fa salvi, nel vietare in via generale la produzione di interessi su interessi, gli “usi contrari“. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, tali usi erano proprio da rinvenirsi nella pratica consolidata delle Banche di calcolare interessi anatocistici, peraltro ulteriormente cristallizzata nelle cd. NBU (norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI, indicanti la possibilità di procedere a capitalizzazione trimestrale degli interessi lato banca e semestrale lato cliente).

Senonché, con la celebre sentenza 2374, la Cassazione tra il 1998 e il 1999 ribaltò completamente il precedente quadro, dichiarando illegittima la capitalizzazione degli interessi in quanto priva di fondamento normativo e non qualificabile come “uso”.

Pochi mesi dopo, con D.Lgs. 342/1999, veniva modificato l’articolo 120 del TUB, demandando al CICR la valutazione sulla possibilità di introdurre la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori a condizione di reciprocità (e cioè con le medesime tempistiche sia lato banca che lato cliente). Il CICR con Delibera 9.2.2000 confermava tale impostazione, col risultato che la capitalizzazione veniva ritenuta lecita per i contratti contenenti tale clausola e conclusi successivamente (mentre per il pregresso la questione rimase aperta e non sempre risolta in maniera univoca); rimanevano altresì aperte le questioni sia sul termine di prescrizione sia sul dies a quo.

Successivamente, peraltro, l’art. 25 del Decreto sopra citato veniva dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Nel 2010, con pronuncia a Sezioni Unite, la Cassazione risolveva la questione del giorno da cui decorre la prescrizione (dalla chiusura del conto per le rimesse ripristinatorie, dal giorno del singolo pagamento per le rimesse solutorie) prendendo in realtà “a prestito” la disciplina fallimentare e fissando a 10 anni il termine di prescrizione (cd. Sentenza Rordorf).

Poco dopo, con cd. Decreto “Milleproroghe”, il legislatore sovvertiva tale impostazione dando interpretazione autentica dell’articolo 2935 c.c. e facendo risalire il dies a quo per la prescrizione, in ogni caso, dal giorno dell’annotazione in conto.

Ancora, il Decreto veniva dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli articoli 3 e 117 della Costituzione, oltrechè con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

 

Siamo, da ultimo, sull’attualità, con la Legge di Stabilità 2014 la quale trasformava, ancora, l’art. 120 TUB prevedendo le seguenti modifiche:

“All’articolo 120 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:

a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;

b) gli interessi periodicamente capitalizzati (contabilizzati) non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»”.

 

Come è evidente, la modifica non appare ancora risolutiva, in quanto gli interpreti più attenti hanno fatto notare, tra le altre lacune, che la parola “capitalizzazione” non equivale, di per sè, ad “anatocismo“, rimanendo quindi il dubbio se con tale termine ci si voglia riferire al calcolo di interessi su interessi o al calcolo del valore di un capitale ad un istante futuro; nella seconda ipotesi, saremmo in presenza di una norma che, nell’evidente volontà sottesa di eliminare una volta per tutte l’anatocismo, per la sua formulazione avrebbe addirittura l’effetto di riportarlo in vita!

E’ appena poi il caso di rilevare che, ad oltre un anno dalla scadenza del termine per la delibera CICR, la stessa non risulta ancora emanata, essendo ancora nella fase di bozza e consultazione; la partita, quindi, appare ben lontana dall’essere chiusa.

Avv. Domenico Balestra