La clausola risolutiva espressa

14 nov La clausola risolutiva espressa

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Il Codice Civile prevede tre ipotesi di risoluzione “di diritto” del contratto: diffida ad adempiere (art. 1454), termine essenziale (art. 1457) e clausola risolutiva espressa (art. 1456).

Tutte e tre queste figure hanno un notevole punto di contatto nella circostanza che, una volta attivate dalla parte interessata, producono una risoluzione, per l’appunto, di diritto (ovverosia “automatica”) del negozio stipulato, con la conseguenza che la (eventuale) pronuncia giudiziale sul contratto non potrebbe che essere dichiarativa – nel senso di accertamento dell’ormai avvenuta risoluzione – e mai costitutiva (con un principio sostanzialmente uguale a quanto abbiamo visto per le pronunce giudiziali di nullità.

Nello specifico, l’articolo 1456 prevede la possibilità di inserire in contratto una clausola, riservata ad una o più delle parti contraenti, la quale preveda la risoluzione del negozio medesimo, laddove una o più obbligazioni non vengano adempiute secondo le stabilite modalità.

Siamo, quindi, nel campo delle facoltà c.d. “potestative“, attivabili dalla parte alla quale il diritto è riconosciuto al semplice verificarsi di una condizione; l’evidente ratio è quella di permettere alle parti una sorta di auto-tutela, ottenendo la risoluzione del contratto, laddove l’altro contraente non adempia ad una o più obbligazioni, specificatamente qualificate nel negozio e quindi – verosimilmente – ritenute di notevole importanza, senza bisogno di pronuncia giudiziale.

Saranno quindi le stesse parti contraenti a stabilire aprioristicamente, nel contratto, la rilevanza di uno o più inadempimenti: l’unica condizione, per dottrina e giurisprudenza pressoché allineate, è che la clausola risolutiva espressa sia stata specificatamente prevista con  riferimento ad un o più obbligazioni ben determinate, non essendo sufficiente un generico inserimento o come mera “clausola di stile.

Anche in questo caso, quindi, dovranno essere utilizzate le ben note norme generali sull’interpretazione del contratto, di cui agli articoli 1362 e seguenti c.c., e la già più volte nominata “teoria dell’affidamento“, onde verificare la reale portata della clausola concretamente inserita nel negozio.

Avv. Domenico Balestra