Cancellazione della società e recupero del credito

01 lug Cancellazione della società e recupero del credito

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Com’è noto, oggi la mancata o errata gestione del credito è tra le prime cause di fallimento delle imprese.

Senza entrare nel dettaglio della gestione completa dell’attività di credit management, che occuperebbe ben più spazio di quello solitamente destinato ai nostri articoli (per approfondimenti potete visionare alcuni video e articoli precedenti), trattiamo oggi il sempre più diffuso (e giuridicamente interessante) problema del dover effettuare un’azione di recupero nei confronti di società cancellate dal Registro delle Imprese.

Per dare possibilità a tutti di capire le conclusioni che andremmo a trarre, sono necessarie almeno due premesse.

La prima, è quella di ricordare come, dagli anni Duemila, relativamente al Registro sia vigente nel nostro Paese il regime di pubblicità legale: ciò, significa che quanto pubblicato sul Registro medesimo si presume conosciuto e che non è possibile eccepire il contrario, indipendentemente dall’effettiva conoscenza o meno di quanto ivi contenuto.

La seconda, è che pertanto per tutte le società previste dal Codice Civile (inclusa anche, a quanto pare, la società semplice) l’iscrizione nel Registro è, quantomeno, condizione di regolarità delle medesime, con l’ulteriore e non trascurabile differenza che per SNC e SAS l’iscrizione non costituisce condizione di esistenza delle medesime, così come avviene, viceversa, per le società di capitali. Ciò, significa che, parlando delle prime, dovremo ulteriormente distinguere tra società “regolari” (regolarmente iscritte) e “irregolari” (non inserite nel Registro).

Tralasciando quindi la questione della liquidazione e relative responsabilità (anche penali) dei liquidatori, sulle quali torneremo in futuro, vediamo ora cosa succede nel momento in cui il creditore che sta agendo per il recupero di quanto vantato “scopre” che la società a lui debitrice è cessata.

Tenendo in mente quanto sopra premesso, vediamo per primo il caso, più semplice, della società irregolare.

In questa situazione, difatti, non essendoci iscrizione nel Registro, non può seguire la cessazione; ciò significa che non vi è alcun atto (formale) che abbia valore di pubblicità legale, con la conseguenza che la cessazione non può ritenersi conosciuta dai terzi. Pertanto, la società si riterrà esistente fintanto che esisteranno uno o più creditori sociali, senza che nessun termine possa iniziare a decorrere (e da quando, d’altra parte, potrebbe decorrere in mancanza di atti formali?). Con particolare riguardo alla SAS, la società continuerà a ritenersi esistente con la divisione tra accomandatari e accomandanti.

Per quanto riguarda, invece, le società regolari:

in presenza di SNC, con la cancellazione della società dal registro, la medesima si estingue anche laddove rimangano dei creditori sociali insoddisfatti, indipendentemente dall’eventuale elemento di dolo/colpa dei liquidatori. I creditori, però, potranno tranquillamente agire nei confronti dei soci, i quali rimangono personalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali insoddisfatte, ed eventualmente anche dei liquidatori in caso di dolo/colpa dei medesimi. Il tanto menzionato termine di un anno dall’avvenuta cancellazione, difatti, riguarda solamente la facoltà, per i creditori, di chiedere il fallimento della società (con tutte le note conseguenze in campo penale, costituendo la pronuncia di fallimento il primo gradino per eventuali condanne per bancarotta) ma non costituisce abbreviazione del termine di prescrizione dei singoli crediti;

in presenza di SAS, chiaramente solo i soci accomandatari saranno illimitatamente responsabili come sopra, mentre gli accomandanti risponderanno dei residui debiti sociali nei limiti di quanto ricevuto a titolo di quota di liquidazione;

in presenza di società di capitali, (le quali possono, come sopra premesso, esistere solo se “regolari”) i creditori rimasti insoddisfatti a seguito di cancellazione dal Registro, potranno far valere i loro diritti:

  • nei confronti dei soci, che potranno essere illimitatamente responsabili se così previsto dalla legge (pensiamo ad esempio a soci accomandatari di una SAPA) o altrimenti responsabili solo fino alla concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione;
  • nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso dal colpa di questi, a mente dell’art. 2495, co. II c.c.;
  • richiedendo, sempre nel termine di un anno dalla cancellazione come sopra indicato, il fallimento della società.

 

Vediamo, infine, cosa accade in presenza di impresa individuale: in questo caso, la Cassazione ha più volte ed anche recentemente affermato che, nel caso di imprenditore individuale, la vicenda estintiva vada ancorata al reale e effettivo svolgimento dell’attività di impresa e non agli adempimenti pubblicitari di cancellazione dal registro delle imprese. Secondo tale impostazione, infatti, non è possibile distinguere l’imprenditore dalla persona fisica che compie l’attività imprenditoriale, sicché l’inizio e la fine della qualità di imprenditore non sono subordinati alla realizzazione di formalità.

Di conseguenza, posto che, in ogni caso, l’impresa individuale non beneficia di autonomia patrimoniale e che pertanto la persona fisica risponderà delle obbligazioni contratte con tutti i suoi beni presenti e futuri, la qualifica di imprenditore non cessa per un atto formale quale la cancellazione dal Registro, ma solo a seguito di piena ed effettiva cessazione delle attività.

Avv. Domenico Balestra