06 ott Azione revocatoria fallimentare e acquisti: qual è il rischio per il compratore?
Abbiamo già visto come opera l’azione revocatoria ordinaria, la quale è un utilissimo strumento di conservazione della garanzia patrimoniale.
L’azione revocatoria fallimentare, invece, pur essendo anch’essa utile ai fini della ricostituzione del patrimonio del fallito (patrimonio che ovviamente non torna nella disponibilità del debitore quanto piuttosto a garanzia dei creditori) risponde altresì all’esigenza di mantenere inalterata la par condicio creditorum.
Gli atti compiuti dal debitore possono difatti danneggiare i creditori in molteplici modi:
- avvantaggiandone alcuni rispetto ad altri (ad es. tramite costituzione di trust, fondi patrimoniali, patrimoni destinati);
- rendendo più difficile la pronta realizzazione in denaro (permuta di beni facilmente alienabili con altri, conferimento dei beni in società);
- comportando una reale diminuzione del patrimonio del fallito (atti a titolo gratuito e atti a titolo oneroso a corrispettivo inadeguato).
Andiamo quindi ad approfondire quest’ultimo caso, che si rivela quanto mai d’attualità in quanto oggi molti venditori si trovano ad avere disperato bisogno di liquidità immediata e praticano forti sconti sui beni in vendita (immobili, appartamenti, veicoli) a tutto vantaggio dei (pochi) acquirenti in grado di effettuare pagamenti liquidi e immediati.
Ma qual è il rischio nel caso in cui poi il venditore fallisca nel periodo di 1 anno/6 mesi successivi all’acquisto?
Potrà il curatore fallimentare procedere con azione revocatoria o agire per la differenza?
Quali sono i termini?
Innanzi tutto, il primo indice da verificare è il prezzo d’acquisto, soprattutto dopo la riforma della Legge Fallimentare del 2005.
Nel caso, infatti, di acquisti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato, la legge prevede condizioni più sfavorevoli per l’acquirente ed in particolare:
- il periodo sospetto si allunga fino ad un anno precedente alla dichiarazione di fallimento;
- si presume la conoscenza, da parte dell’acquirente, dello stato di insolvenza. Dovrà quindi essere chi ha acquistato a dare la prova, sempre difficile, di non aver conosciuto lo stato di insolvenza della controparte.
Nel caso, invece, di acquisti a titolo oneroso avvenuti a condizioni di mercato:
- si ribalta l’onere della prova, e dovrà quindi essere il curatore a dimostrare che l’acquirente era a conoscenza dello stato di insolvenza;
- si dimezza il periodo sospetto che è in questo caso di sei mesi precedenti alla dichiarazione di fallimento.
Inoltre, a seguito della riforma, in caso di vendita a condizioni di mercato (definita dalla Legge Fallimentare “a giusto prezzo”) la quale abbia ad oggetto immobili ad uso abitativo destinati ad abitazione principale o ad uso non abitativo destinati a costituire sede principale dell’attività di impresa, non è mai esercitabile l’azione revocatoria, ad evidente tutela dell’acquirente.
Attenzione però alle due condizioni principali richieste dalla legge:
- la vendita o il preliminare di vendita devono essere trascritti;
- per abitazione principale, nel silenzio della norma, si ritiene debba intendersi la residenza, la quale quindi andrà trasferita quanto prima.
Cosa succede, infine, nel caso in cui l’eventuale azione revocatoria venga accolta?
Il bene acquistato rientrerà nella massa fallimentare e l’acquirente “revocato” non potrà fare altro che insinuarsi nel passivo, verosimilmente però senza alcun tipo di privilegio e quindi con prospettive tutt’altro che rosee circa la possibilità di recuperare la somma pagata.
Avv. Domenico Balestra